L’avvento della rivoluzione tecnologica ha portato alla fine di un mondo fatto di silos di competenze che facevano fatica a integrarsi con altri universi. Per stimolare l’innovazione, l’approccio multidisciplinare è fondamentale e, non a caso, le aziende cercano persone dotate di soft skill, che si traducono in capacità relazionali, problem solving, competenze linguistiche e competenze digitali. Questo perché, accanto alle necessarie competenze relative alla propria mansione, bisogna avere la capacità di integrarsi in un team, sapere ascoltare e confrontarsi con persone dalla cultura ed esperienza completamente differente. Per l’innovazione il talento è importante, ma lo è ancora di più se è capace di integrarsi in un gruppo perché non è più il tempo del genio solitario.
L’importanza di un approccio multidisciplinare
A questo proposito Gaetano Manfredi, rettore dell’università Federico II di Napoli e presidente CRUI (la Conferenza dei direttori delle Università Italiane), ha più volte ribadito quali sono le nuove esigenze della formazione. Partendo da quelli che definisce “i tre paradigmi di contesto: velocità del cambiamento, integrazione delle competenze e quantità dei dati” ha spiegato che anche se tra 10 anni il 40% delle opportunità avranno origine da impieghi che oggi inesistenti, c’è comunque bisogno di una nuova offerta formativa che preveda soprattutto competenze multidisciplinari, integrate in percorsi formativi ad hoc, che rispondono a esigenze specifiche del mercato. Integrazione delle competenze significa che, per esempio, nei veicoli a guida assistita o autonoma collaborano la parte meccanica, elettronica e ICT e, nei sistemi biomedici, si incrociano medicina, ingegneria dei materiali, meccanica, elettronica, ICT e altro ancora.
Il Fronte di Pareto
Questo riguarda però l’approccio che potremmo definire “filosofico” al problema. Altra cosa è invece l’aspetto di studio e tecnologia in cui la multidisciplinarietà si traduce nell’utilizzo di piattaforme software di vario tipo, incrociata con il know-how aziendale sotto forma di dati raccolti negli anni o prove di laboratorio. Tutto questo permette di arrivare all’ottimizzazione multi-obiettivo o Moop (Multi Objective Optimisation), che può essere definita come un'area di decisione a criteri multipli dove a essere coinvolte sono più funzioni da ottimizzare contemporaneamente.
La sua applicazione riguarda campi differenti come ingegneria, economia e logistica. In pratica viene utilizzata dove bisogna prendere decisioni ottimali in presenza di due o più obiettivi contrastanti come, per esempio, spendere il meno possibile per l’acquisto di un’auto senza comprare un modello tecnologicamente non allo stato dell’arte o cercare un appartamento a basso prezzo in un’area che non sia troppo periferica. Oppure ancora, lo sviluppo di un nuovo prodotto potrebbe comportare la riduzione al minimo del peso, massimizzandone la resistenza, o la scelta di un portafoglio titoli potrebbe comportare la massimizzazione del rendimento atteso, minimizzando il rischio.
Il focus riguarda sempre la ricerca di una soluzione ottimale non sacrificando troppo gli obiettivi.
Nel momento in cui il problema è di tipo tecnologico e coinvolge differenti parametri, vengono utilizzati software con algoritmi, i quali hanno il compito di determinare quale sia il Fronte di Pareto.
Il concetto è stato introdotto da Vilfredo Pareto e si traduce in un’allocazione efficiente delle risorse che non permette di avere soluzioni ottimali perché non è possibile migliorare la situazione di un componente senza peggiorare la situazione di un altro. Si ottiene una situazione ideale quando la soluzione, oltre ad avvicinarsi il più possibile al fronte di Pareto, offre una distribuzione il più possibile uniforme delle soluzioni.
Si tratta di software che forniscono un aiuto fondamentale per la definizione dei processi decisionali. Le piattaforme sono in grado di fornire un’analisi del contesto che può essere meglio compreso da chi ha il compito di prendere la decisione finale, potendo anche valutare differenti opzioni.